LA RITIRATA RUSSA DA KHERSON HA FATTO IMBESTIALIRE ALEKSANDR DUGIN,

LA RITIRATA RUSSA DA KHERSON HA FATTO IMBESTIALIRE ALEKSANDR DUGIN,


“PUTIN DEVE ESSERE ROVESCIATO. L’AUTOCRATE CHE FALLISCE, PAGHI ANCHE CON LA VITA” – LA RITIRATA RUSSA DA KHERSON HA FATTO IMBESTIALIRE ALEKSANDR DUGIN, SOPRANNOMINATO “IL CERVELLO DI PUTIN” PER LA SUA VICINANZA AL PRESIDENTE – SUL SUO CANALE TELEGRAM HA TUONATO CONTRO “MAD VLAD”: “NON RIESCE A SALVARE IL SUO POPOLO. CHI NON È ARRABBIATO PER LA PERDITA DI KHERSON NON È UN VERO RUSSO” – QUANTO RESISTERÀ ANCORA PUTIN PRIMA CHE QUALCUNO LO FACCIA FUORI?

Il re è nudo. La ritirata delle truppe russe da Kherson ha aperto una nuova fase della guerra in Ucraina. Vladimir Putin, ormai isolato dal resto del mondo (resiste solo Xi Jinping), non è mai stato così in difficoltà. E adesso i nemici se li ritrova anche in casa. L’ultima umiliazione non è andata giù agli uomini del potere russo, che chiedono la sua testa. Il mormorio nei corridoi del Cremlino si è fatto insistente, nessuno guarda più lo zar con lo stesso timore e lo stesso rispetto di prima.                                                                                                                                                       Ha fatto rumore l’attacco di Aleksandr Dugin, neonazista soprannominato “Il cervello di Putin”, che ha paragonato la sorte del presidente al «re della pioggia», sacrificato se non riesce a «salvare il suo popolo». Un messaggio chiaro, che è fomentato da gran parte dell’elite russa: «Putin va rovesciato». Dugin, che ha perso la figlia in un attentato avvenuto a Mosca durante la guerra (che per l’intelligence americana è stato opera di Kiev), è sempre stato uno degli uomini di riferimento per Putin. Per questo adesso le sue parole – pubblicate su Telegram e poi rimosse – tengono lo zar in ansia. «Chi non è arrabbiato per la perdita di Kherson non è un vero russo», ha scritto Dugin.

Dugin è solo uno dei tanti ultranazionalisti preoccupati per le sorti del Paese. L’economia russa sta crollando per le sanzioni, l’Europa sta trovando nuovi fornitori di gas e sul campo di battaglia si collezionano umiliazioni, mentre Putin prova a fare la voce grossa millantando attacchi nucleari che suonano come mosse della disperazione. Ma lo zar, che tramite il suo portavoce Peskov ha dato la colpa di quanto successo a Kherson «ai militari», non può permettersi una rivolta interna. Per questo a Mosca è in corso una vera e propria caccia ai traditori. La “Zrada”, come viene chiamata. Chi si oppone alla guerra finisce in manette.

Eppure il dissenso non manca. Lo scrittore Zakhar Prilepin, storico sostenitore del presidente, parlando della sconfitta a Kherson ha definito Putin un «comandante supremo tratto in inganno» da innominabili ignoti. Nessuno crede alla storia della ritirata strategica, mentre in piazza nella città riconquistata gli ucraini fanno festa e innalzano le bandiere in segno di vittoria. Mikhail Leontiev, il portavoce del potente capo di Rosneft Igor Sechin, ha attaccato il Cremlino in tv: «Deve essere la politica ad assumersi la responsabilità». Nella vittoria tutti uniti, nella sconfitta si scoprono le carte. E Putin, che ha annunciato il forfait al G20, adesso trema

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